Raccontare la fragilità e la bellezza di un paese appenninico
Luglio 3 ,6:00 pm
Potrei partire dal mio romanzo “Un tempo, un tempo c’era un paese”, nel quale si racconta un ritorno in un paese appenninico, devastato dallo spopolamento e dal terremoto, alla ricerca di un senso della vita, integrando la narrazione letteraria con riferimenti alla mia attività di studioso della dorsale appenninica: «Un padre che non sente più la luce del mondo e un figlio in cerca della salvezza per sé e per l’intero universo. L’approdo in un paese sconquassato dal terremoto, sospeso tra un passato di memorie e un presente popolato da una umanità dolente e meno viva degli stessi morti del suo cimitero. Un quaderno lasciato in una vecchia casa come una reliquia da ritrovare, come lo spazio ideale di un rinnovato dialogo. Una moltitudine di persone in perenne conflitto con luoghi segnati da partenze e ritorni e dove, forse, si vorrebbe rimanere. Una scrittura sperimentale, rapsodica, ermetica, delirante e poetica al tempo stesso delinea il tentativo del giovane protagonista Giacomo di attraversare, come un equilibrista aggrappato ad un fragile filo sospeso nel vuoto, l’abisso dell’esistenza e della nostra società».